Storie di palchi illustri

Lo scorso fine settimana, con i Dada and the Robots, abbiamo avuto il piacere di suonare un nostro inedito all’antifest SanRomolo organizzato da Troppa Carne Al Fuoco su uno dei palchi più belli della mia storia di ascoltatrice e fruitrice di concerti, quello del Paso.

Mi sono divertita un mondo, è stata una due giorni super piacevole, frenetica, elettrizzante e con una carica infinita di presa bene.

Un grazie sincero a chi ci ha convinti a partecipare, a chi ci ha selezionati, a chi ha organizzato, a chi ha fatto in modo che tutto funzionasse alla perfezione (dalla scaletta, alle presentazioni con epitaffio, ai suoni, passando per i panini e il sipario tirato a mano), ai gruppi super bravi (soprattutto i giovanissimi!) al dj e alla sua selezione azzeccatissima, al pubblico…

A presto di nuovo live 😉

K O B R A Z I N E


Ho finalmente tra le mani l’ultima magica scatola di Kobrazine.
Non è molto che conosco Luigi, e non sono tra quelli che hanno potuto seguire da vicino la sua lunga e variegata carriera musicale, ma sono arrivata a conoscerlo nel momento in cui ha deciso di convogliare la sua enorme produzione grafica in dei progetti editoriali, che ho preso a collezionare.

Tra questi il primo ad arrivare tra le mie mani è stato proprio il mazzo numero 0 di
Kobrazine.
Opera corale a sei mani di YoBags, Luigi Gigio Bonizio e Maurizio Bruno.
Kobrazine è un universo diviso in tre scatolette in formato cartolina, come
una gigantesca collezione d’arte tascabile, graficamente impeccabile fin dal packaging e in tiratura limitata di duecento copie.
Tra le mie mani la numero 64.

Il mazzo numero 0 contiene ventiquattro cards, che delle cartoline hanno tutte le caratteristiche, affrancabili e con retro uniforme su cui scrivere.
Il tema degli artwork è un melting pot di citazioni tra musica e cinema condito di mostri e teschi.
L’intera composizione è in bianco e nero e alterna lavori di Yobags a lavori di Gigio, di Maurizio Bruno, Alex Calligaris, Claudio Elias Scialabba e The Arch Villain, unitamente ad una introduzione di Domenico Mungo in un pieghevole a parte e ad una citazione dei Nerorgasmo di Luca Abort che recita:
<<Siamo il frutto marcio della decadenza urbana
Che ha trovato il proprio senso in un’altra verità
E non riuscirete ad annientarci a isolare il nostro germe
Il nuovo fiore reietto colpirà eternamente>>
Card preferita: quella disegnata da Maurizio Bruno con i ritratti del triumvirato a capo del Sacro Ordine del Kobra a decorare una croce con la scritta che dice: Kobrazine. Appetite for illustration.

Il mazzo numero 69, secondo volume di questa raccolta, arriva nella mia vita
contemporaneamente alla mia gatta, che ci si affeziona immediatamente e ancora
oggi non posso spostare Kobrazine dalla libreria senza che lei non ci si piazzi sopra a dimostrare che in fondo questi mazzi sono solo suoi.
E lo sta facendo anche ora, boicottando la stesura di questo testo.
Centotrenta copie, in mio possesso la numero 43.
Tema: Eros e Tanatos, altre ventiquattro lussuriose cartoline piu un pieghevole in cui nuovamente introduce o meglio, per l’occasione, pornointroduce Domenico Mungo.
Il tema conduttore si fa più spinto tra l’horror e il porno, molte cards hanno
disegni sia sul fronte che sul retro e tra gli artisti ospiti, oltre a Giampo Coppa, direttamente da Luisville, Kentucky si aggiunge Jeff Gaither.

Sembra di tenere in mano un mazzo di tarocchi, il formato ha un suo magnetismo
particolare, una sua forza evocatrice e quando l’ho recensito la prima volta
mi ha causato un piacevole stato allucinatorio. Sarà la scelta del bianco e
nero, saranno i disegni e i collage fotografici così ricchi di particolari che nonostante i molti maneggiamenti ancora nascondono sorprese…
Card preferita: quella disegnata da Yobags, con la mano dentata che recita:
Love bite!

Ed ecco che finalmente quest’estate mi sono appropriata della terza e ultima
puntata di Kobrazine, il mazzo numero 13 o tre d. c.
Cento copie numerate di cui possiedo la numero 18.
Sempre ventiquattro cards accompagnate da un pieghevole in cui questa volta è Luigi stesso a introdurre e a raccontare cos’è e cosa è stato Kobrazine.

Il tema del capitolo conclusivo è il cinema italiano. Quello relegato ad un
passato di ormai 40, 50 anni fa. Un cinema che oggi non viene nemmeno più trasmesso in TV e che rimane legato più che altro al ricordo di infanzia e
giovinezza e quindi si eleva allo stato di culto.
Tra gli artisti ospiti anche Ed Repka e Samanta Vallini.
Card preferita: quella disegnata da Gigio, rifacimento della locandina di
Incubo sulla città contaminata, film che ho visto proprio su sua indicazione.

Ed è a lui che chiedo:

– Come è nata questa collaborazione?
Questa roba è iniziata quando c’è stato il COVID, Bags mi ha detto “dai fammi una grafica ” e io gli ho fatto subito la grafica!

– Perché  proprio il formato cartolina?
La mia idea era quella delle fanzine che quando ero giovane tanti anni fa si spedivano coi francobolli, con le cartoline, la comunicazione  era quella…
Oggi la chiameremmo comunicazione reale in confronto a questa  che adesso non è vera, era il mezzo dell’epoca. Però mi sembrava tanto romantico ma essendo io vecchio perché non fare il romantico?

– So che il ciclo di Kobrazine è concluso, ma state pensando a qualcosa di nuovo per il futuro?
No, non ho mai calcolato di fare un’altra Kobrazine, magari una raccolta, o magari no, chi se ne frega… Le cose esistono quando devono esistere.

…e adesso?

Chiusa l’esperienza dei 30 giorni di disegno forzati sono di nuovo a rischio stasi.

È stato utile allenare la costanza e riattivare l’istinto al disegno e al colore, ma se non voglio perdere di nuovo la mano è bene rimettermi subito al lavoro.

Ho deciso che cercherò di completare il libro di Krishna che avevo iniziato a riempire di disegni/ collage/ ritagli l’anno scorso.

È un volume enorme e non ho intenzione di essere ossessiva, quindi mi ci dedicherò con calma e lo alternerò agli altri progetti.

Finally

Finalmente il fresco.

Inizia la mia stagione preferita, il mio studio ha una temperatura accettabile che permette di ragionare e creare e di conseguenza sono pronta a rimettere mano ai brani incompleti.

Dopo due ore di sfrigolii e rumori ambientali in cuffia mi sanguinano le orecchie ma sono felice.

Felice, non soddisfatta.

C’è sempre qualcosa che non mi torna.

Sarà che mixare i brani non è proprio roba per me, non riesco a trovare una quadra, però ho già fatto un enorme passo avanti dall’ultimo salvataggio di questa estate.

C’è la farò!

30 giorni di disegni forzati

In seguito ad un corso su Domestika a cura della super talentuosa Sorie Kim ho deciso di provare la sua challenge come progetto finale.

Sono riuscita a disegnare per 30 giorni di fila dedicando pochi minuti al giorno e anche se salverei si e no 4 pagine su 30 sono contenta di aver dedicato un momento ogni giorno al disegno.

Questo è il prompt che ho seguito su consiglio dell’insegnante:

Questo il risultato:

Not so easy-listening

Il mio diario 2004/2005.
Ero totalmente presa da questa immagine, non ricordo se fosse un flyer o se fosse una pubblicità su una rivista, me ne ero innamorata e l’avevo incollata in copertina.
La amo ancora molto e mi assomiglia ancora molto.
Lì stavo imparando ad apprezzare i suoni “altri” costruendo un percorso di preferenze stilistiche molto distante dal mio fino ad allora.
Sono stati gli anni in cui ho capito chi sono, soprattutto grazie a una serie fenomenale di pessime scelte che ora non ha alcun senso rinnegare, e che al tempo mi hanno squarciato il cuore e l’autostima.
Ma in qualche modo quelle stesse scelte mi hanno portata a vivere la musica in prima persona ancora più che in passato, e a presenziare a centinaia di concerti di ogni genere, cosa che ha facilitato l’instradamento verso certi suoni.


La musica che ho iniziato a scoprire in quel periodo mi accompagna ancora oggi, e ormai è a tutti gli effetti la colonna sonora della mia esistenza.
E questa foto è la cover perfetta del mio album di ricordi che va dal 2004 ad oggi.

Cinnamon days

Settembre è iniziato, e come sempre per me è tempo di aggiornare liste, dare una svolta ai progetti e dedicarmi al concepimento di idee malsane.

Oggi l’aria è fresca, la gatta mi ha obbligata ad alzarmi presto e ha preteso un’insolita dose di coccole. Il cielo è un po’ grigio ma non lugubre e mi riempie l’anima di buone sensazioni per l’imminente arrivo dell’autunno.

Allora aggiungo la cannella al mio caffè, come un invito: <<Non essere timido, puoi arrivare, ti aspetto…>>.

E come negli ultimi 9 anni, settembre è il mese in cui rileggo almeno in parte questo libro:

La Fortezza della solitudine di Jonathan Lethem

E ogni volta mi sorprende per qualche piccolo dettaglio, ad esempio questo passo a pagina 256:

“Abraham non vedeva più il vecchio e in una certa misura era curioso. L’autobus che faceva le fusa nell’ombra chiazzata di foglie. Frase senza a capo di marciapiede crepato. I cornicioni un orizzonte, le architravi scorie nella parete di un canyon o di una cava.”

Così musicale da poter essere cantata.

Mi gusto il mio caffè cercando di superare il senso di colpa per aver abbandonato il blog così a lungo. Dovrei trovare un metodo, un ritmo per allenare la mia costanza.

D’estate non funziono quasi mai.

Non devo farmene una colpa, ma voglio imparare ad essere costante in qualcosa che non sia il mio stupido lavoro.

Petrolio


Il mio primo incontro con Petrolio, alias Enrico Cerrato, risale al 17 marzo del 2019.
Un live allo Ziggy Club (TO) organizzato da un’amica di un’amica.
Poca gente in sala come spesso accade quando un evento cade di domenica.
I concerti intimi danno forse meno soddisfazione a chi è sul palco ma restano decisamente impressi in chi ha la fortuna di essere tra il pubblico.
O almeno così è per me che infatti resto completamente rapita dal carattere ipnotico del suo set.
In un artista quello che mi colpisce è il desiderio e la capacità di trasmettere un’inquietudine.
Qui, la ritmica serrata di questo treno che viaggia a velocità sostenuta’, i rumori ripetuti e magmatici, i ronzii e le texture granulose e ruvide in cui ogni tanto si percepisce qualche accenno melodico lasciano un’impronta profonda.
E’ questo che mi ha stregata, ed è questo che sento addosso mentre mi lascio suggestionare dai visuals che vengono proiettati dietro e attraverso la figura di Enrico.
Nel momento in cui il racconto accenna ai desaparecidos mi si riapre una cicatrice vecchia di trent’anni, quando nemmeno adolescente ho assistito alla proiezione de “La notte delle matite spezzate“. Poi si, il suono lenisce e cura, ma resta la consapevolezza del dolore, della violenza.
Un sottotesto stratificato di lame che accarezzano e guidano dentro e fuori dalla pressione del rumore.
Non è solo ambient, non è solo drone, è in qualche modo una tensione materica e tangibile e mi resta addosso ancora ore dopo il live, innescando una sorta di dipendenza e infatti ogni volta che mi è possibile torno a sentirlo dal vivo e le sensazioni si ripetono, mai uguali, ma sempre intense e sempre persistenti.
Come quella volta all’aperto, al VisRabbia in cui ha iniziato a suonare proprio al crepuscolo, trasmettendomi la nitida sensazione di una danza tra luce e buio e di un suono capace di ricucire ogni ferita.


Questa volta torna allo Ziggy in una notte di luna nuova, con un suono ancora più denso, più coinvolgente e dove le immagini, come sempre, vestono perfettamente ogni frase sonora. Presenta il suo nuovo lavoro |||RESPIRA||| prodotto e distribuito da Dio Drone e Toten Schwan Records.
|||RESPIRA||| nasce come colonna sonora dell’omonimo episodio firmato da AkAb (Gabriele Di Benedetto) all’interno del cortometraggio Film Fantasma prodotto da Carboluce.
Una sequenza di sei tracce dal Prologo all’Epilogo in cui la tensione è quasi costante, alleggerita qua e là da brevi e toccanti momenti in cui la melodia diventa un balsamo.
Lo sto riascoltando anche in questo momento.
E poi di nuovo e di nuovo, cercando di riappropriarmi delle sensazioni percepite l’altra sera.
L’ascolto di questo album in cuffia è davvero intenso. E ogni volta mi porta alla mente nuove visioni che vanno a sovrapporsi e a mescolarsi a quelle viste allo Ziggy.


C’è una cosa che mi incuriosisce molto del suo live, ed è il rapporto con l’immagine, mi spiego: tutte le performance di Petrolio a cui ho assistito prevedevano la proiezione di video. A volte Enrico non era sul palco, ma sotto, o di lato, ma sempre messo un po’ di profilo, a volte parte integrante della proiezione, a volte rivolto alla proiezione, come se le immagini fossero uno spartito, o uno specchio o come se fosse spettatore di se stesso…
Una volta mi ha parlato del suo desiderio di fare dialogare le immagini con il luogo della performance, così mi sono permessa di chiedergli delucidazioni sul suo rapporto con i visuals:

“Come scrivi tu la “visione” e, pertanto, i contenuti delle proiezioni sono parte integrante del tessuto narrativo del set live di Petrolio. Nascono e si costruiscono attorno alla musica dalla quale non possono essere scissi. Ciò che nell’esperienza live ho sviluppato è la coscienza di quanto lo spazio in cui avviene la performance giochi un ruolo fondamentale, in un dialogo con il contenuto stesso dei visuals. Spesso questo dialogo si ripercuote durante la performance quasi a percepire la storia e le vicissitudini di questo luogo. Ricordo in particolare la serata a Macao in Milano; il luogo, connesso con la musica, sembrava acquisire una vita sua fuori da qualunque contesto temporale.
Proprio su queste coordinate, il dialogo tra visual e ambiente circostante, prenderà vita la performance di Petrolio e Naresh Ran che avrà luogo il 16 giugno al Fans Out Festival nella bellissima location dell’Anfiteatro San Michele di Costigliole d’Asti. In un ambiente unico, dominato da una chiesa di origini medievali, si creeranno suoni, droni e visioni in un unico magma che instaurerà una sorta di dialogo architettonico virtuale con lo spazio postindustriale astigiano della Way Assauto (protagonista dei video che verranno proiettati), industria fondamentale dell’indotto astigiano, ormai in disuso da alcuni decenni e alla ricerca di una sua ricollocazione nel panorama urbano della mia città.”

Qui trovate tutti i link http://linktr.ee/Petroliodark

E qui i biglietti per il FansOutFestival

Urgenze

Essere qui.

Questa è l’urgenza principale.

Questo bosco con i suoi rumori.

Questa è l’urgenza.

Il suono del vento tra le fronde, le amiche cornacchie che se la chiacchierano, lo scricchiolio di foglie e pigne e rametti croccanti sotto le suole delle scarpe. Il silenzio improvviso quando il vento cambia rotta.

Voracità

Forse voglio fare troppe cose.

Per esperienza so che più cose ho da fare più ne riesco a portare a termine.

A volte ho solo un paio di impegni e continuo a rimandarli mentre ci sono periodi in cui tra prove, scadenze, consegne e turni impossibili riesco a dare davvero il meglio di me.

È che nel caos mi muovo bene. Ma ultimamente mi sto boicottando da sola, ad esempio, come spesso accade, leggo più di un libro alla volta, e di solito gestisco la cosa bene, ma in questi giorni ho fatto un errore un po’ grossolano, quello di leggere due romanzi distopici contemporaneamente, e sto confondendo ambienti epoche e personaggi.

Se fossi in grado di riportare su carta quello che mi sogno la notte mescolando i due romanzi in questione verrebbe fuori un libro di quelli che ti ingoiano viva quando li apri.

Insomma devo solo fare più attenzione.

E darmi un limite, perché questa settimana di ferie si è già trasformata in una corsa folle.

La sala che non c’era…

Abbiamo preso un vecchio garage malandato e abbiamo tirato su la meglio sala prove.

Ci è voluto un sacco di tempo e parecchio materiale ma il risultato è davvero molto buono, e dopo diciotto mesi senza suonare finalmente ieri la prima prova.

C’è senz’altro molto da studiare per ritrovare tempi e groove ma non siamo messi troppo male.

E sono molto contenta, adoro questi tre ragazzi e mi mancava quel suono.

Inconsequential mode on.

Inconcludential no more.